Spesso la conoscenza della fauna selvatica passa anche dal lavoro dei fotografi che forniscono informazioni utili ai ricercatori e contribuiscono allo sviluppo di una coscienza critica sul rispetto della natura. L’intervista al fotografo ligure impegnato a diffondere la conoscenza del lupo in Appennino. E a sfatarne i miti.
Se è vero che, molto spesso, la mancanza di conoscenza genera paure e timori ingiustificati, l’antidoto migliore è la curiosità: ci spinge a porci domande e a cercare le risposte. A volte, possono arrivare anche dall’incontro con esperti e appassionati, che si dedicano non solo alla ricerca, ma anche alla sensibilizzazione. Abbiamo incontrato Paolo Rossi, fotografo ligure impegnato a diffondere la conoscenza del lupo in Appennino e gli abbiamo chiesto di raccontarci del suo lavoro.
Come è nata la tua passione per la fotografia naturalistica e per un soggetto in particolare, il lupo?
Iniziai nel 2010, con poche capacità tecniche e con un solo obbiettivo: usare la macchina fotografica per immortale uno o più incontri con i lupi. Mi sono dedicato alla loro ricerca per 10 anni prima di riuscire a incontrarne uno e fotografarlo. La mia passione per il lupo nasce da un’altra passione, che avevo da ragazzino: la cultura dei nativi americani e del loro rapporto con la natura. Ho cominciato ad amare i lupi perché - come gli indigeni - sono una potente metafora della natura che resiste all’azione distruttiva di noi uomini e donne civili e civilizzati. Gli “incivili” sono la mia passione, coloro che vivono selvaticamente senza trarre beneficio dal sovrasfruttamento del pianeta Terra.
Ti fai chiamare "il luparo": ci spieghi il significato?
Lupari erano veri e propri cacciatori di lupi. Fino a metà degli anni ’60 andavano di paese in paese eliminando quello che era ritenuto un animale nocivo. Loro uccidevano i lupi, io li fotografo. Nel 2015 ho cominciato a girare da un paesino all'altro dell'entroterra ligure, narrando in piazze e teatri le mie avventure nel cercare lupi: cerco di sconfiggere i tanti pregiudizi che esistono su questa specie. Quel tour lo chiamai "Luparo Tour".
Incontrare un lupo nell’Appennino settentrionale all’inizio degli anni 2000 non era cosa comune: per arrivare alla sua prima foto, Paolo Rossi ci racconta che ci sono voluti circa 10 anni. Occorre dedicare molto tempo allo studio dell'animale, delle sue tracce e del suo territorio. “Il primo avvistamento di lupi fu nel 2010. Era pieno inverno e naturalmente mi videro prima loro, trotterellavano sul crinale ad almeno 600 metri in linea d'aria da me. Sapevo che se avessi fatto un passo in avanti loro sarebbero fuggiti nella ripida faggeta alle loro spalle, così stavo fermo e mi godevo lo spettacolo di tre giovani che giocavano tra loro e i loro genitori che mi fissavano immobili tra la nebbia che avanzava lenta. L'incontro durò due ore ma a me sembrò passare tutto in 15 minuti. La fotografia è miracolosa: quando affronti esperienze così, una foto ti ricorda che ciò che è successo è successo davvero. Capisco pienamente il grande documentarista Werner Herzog quando esorta i giovani a <stare lontani dalle cose facili>”.
Oggi nell'immaginario collettivo il lupo è tornato ad essere uno spietato predatore di cui avere paura.
Le persone sono dominate dalla paura. Dovremmo tutti imparare a gestirla, perché è un’emozione che nella nostra storia evolutiva ci ha aiutato a sopravvivere. Spiegare alle persone che "se il lupo fosse pericoloso io non sarei più su questo pianeta" spesso non basta, bisogna informare nel modo corretto: conoscere porta ad avere meno paura. Io cerco lupi con entusiasmo, ma anche con paura, la giusta dose di paura, che spesso mi aiuta a ricordare che tra il selvatico e il “civilizzato” c'è un confine che non va superato.
Spesso si sentono, anche tra gli addetti ai lavori, molti numeri sui lupi. Tu puoi darci qualche dato preciso? Quanti sono i lupi al Nord? e nel resto d'Italia?
Da semplice fotografo io mi attengo ai dati degli scienziati: si stima che ci siano dai 2000 ai 3000 lupi in Italia e molti lupi italiani migrano da anni (e ancora oggi) in altre nazioni, visto che per loro i confini dati da noi umani non esistono.
In alcuni fatti di cronaca si è sentito parlare di branchi da 15-18 individui, ma nell'Appennino italiano si è sempre parlato di branchi "monofamiliari" con la coppia riproduttiva e i cuccioli dell'anno – e al massimo quelli dell'anno precedente – non ancora andati in dispersione. Se è vero che non si possa sempre incasellare la realtà in categorie e leggi fisse, è pur vero che alcune regole sono standard e il risultato di milioni di anni di evoluzione. Nei predatori all’apice della catena alimentare le dinamiche di popolazione intervengono anche per limitarne il numero: ad esempio con la dispersione dei giovani. Ma esistono eccezioni: “un giovane può migrare o può restare per sempre in famiglia, "dipende", dicevano i popoli Inuit. Per esempio, qualche anno fa in Abruzzo fotografarono un branco di 17 esemplari, ma in Liguria non ho mai incontrato famiglie con più di 5 individui. Il mio collega Nicola Rebora, qualche anno fa, fotografò una famiglia di 9 esemplari sull'Appennino Ligure”.
La popolazione di lupo in Italia è considerata composta da due “sottopopolazioni” (ISPRA, 2019) biologicamente connesse, ma significativamente differenti sul piano ecologico e gestionale: la sottopopolazione appenninica e quella alpina. Questa suddivisione è sostenuta inoltre da evidenze scientifiche sulla bassa connettività possibile tra Appennino e Alpi (Fabbri E., 2007). Tuttavia, esistono regioni nelle quali possono essere presenti entrambe le popolazioni come Liguria, Piemonte e Lombardia. Mentre la popolazione appenninica è interamente compresa sul territorio italiano, quella alpina è in continuità demografica, genetica ed ecologica con i lupi presenti nelle Alpi francesi e svizzere. Oggi, si stima che i lupi alpini contino 293 individui, secondo i rilievi del progetto LIFE WOLFALPS che utilizza una metodologia basata su snow-tracking, wolf-howling, analisi genetica di campioni biologici e fototrappolaggio applicati in maniera omogenea e coordinata su tutto l’areale alpino. Al contrario, in Appennino, la mancanza di una stima formale basata su un programma nazionale di censimento non ci permette di avere dati altrettanto precisi. La popolazione appenninica è stata infatti stimata attraverso un metodo deduttivo basato sulle attuali migliori conoscenze di una serie di fattori: areale, dimensione dei territori dei 13 branchi, numeri di lupi in un branco, distanza tra territori e percentuale di lupi senza branco. Queste stima si aggira tra i 1000 e 2000 lupi in circa 81 mila km2.
Poiché il lupo è specie d'interesse comunitario e particolarmente protetta, per la quale l'Italia è tenuta a garantire il mantenimento di uno stato soddisfacente di conservazione, ISPRA suggerisce di fare riferimento alla stima più cautelativa di 1070 individui.
Il lupo vive sulle montagne e i boschi dove anche noi ci muoviamo e viviamo: cosa fare in caso d'incontro? Paolo risponde che personalmente si gode il momento, rimanendo immobile. “Mai successo che un lupo si sia mostrato aggressivo, al massimo un po’ curioso, se non sentiva il mio odore. Consiglio ai possessori di cani di non lasciarli liberi, ma sempre al guinzaglio (come vuole la legge): spesso sono intelligenti e non inseguono i lupi, ma occorre essere prudenti e rispettosi”.
Paolo ci spiega come, a parer suo, il ritorno del lupo sulle Alpi e sull’Appennino settentrionale stia creando non pochi problemi agli allevatori, forse più che nelle zone da dove non è mai scomparso, come in Abruzzo: qui infatti, seppure non sono mai scomparsi del tutto, il calo è stato drastico. “Sulle Alpi gli allevatori non erano più abituati ai predatori, visto che i lupi erano stati sterminati dall'uomo da più di cento anni. I popoli alpini si sono quindi disabituati a utilizzare "cani e recinti" e i lupi, da grandi opportunisti, causano a loro anche ingenti perdite di bestiame”. Diversamente, molti pastori abruzzesi considerano i danni da lupo come un "rischio di impresa" e utilizzano da sempre i cani da guardiania e soprattutto vigilano sui loro animali, riuscendo ad arginare le perdite. Per molti pastori il lupo può rappresentare anche un piccolo reddito, avendo avviato anche attività di allevamento di cani.
Quindi è sicuro andare per boschi dove vive il lupo?
Assolutamente sì: gli unici rischi che ho corso negli ultimi anni in natura sono stati i fulmini, le zecche e i cani mal gestiti.
Riferimenti
Fabbri E., M. C. (2007). From the Apennines to the Alps: colonization genetics of the naturally expanding Italian wolf (Canis lupus) population. Mol Ecol., 16(8), 1661- 1671.
ISPRA. (2019). Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia.
Sei interessato alle nostre attività?
Iscriviti alla nostra newsletter qui.