Il rumore senza voce che minaccia la vita negli oceani


Silenzioso perché poco conosciuto, ma assordante per i danni che arreca agli animali marini: l’inquinamento acustico è cresciuto di 10 volte negli ultimi decenni. L’impatto sulla vita marina è altissimo, e le cause dipendono dall’attività umana

Immergersi nel profondo blu: un’esperienza di totale abbandono in un “silenzio rumoroso” quasi irreale, una dimensione in cui i nostri sensi sono poco allenati. Poco allenati a percepire suoni, rumori, odori e luci. L’ambiente marino è però tutt’altro che silenzioso. Il suono nell’acqua di mare viaggia circa 5 volte più velocemente che in aria (in media, 1510 metri al secondo, mentre in aria circa 330 metri al secondo) e chi ha esperienza con le immersioni sa di cosa parliamo: se per alcuni la sensazione è quella di essere immersi in un ambiente silenzioso e ovattato, altri percepiscono suoni provenienti da ogni direzione. Anche il nostro respiro diventa suono, rumore, ritmo e testimonianza che siamo lì, circondati dal blu.

Da cosa dipende la sensazione di essere circondati da questo “rumoroso silenzio”?
Da come le onde sonore viaggiano nell’acqua a differenza dell’aria. Infatti, l’acqua è 10 mila volte meno comprimibile dell’aria e l’onda sonora che vi si propaga perde meno energia man mano che viene trasmessa nel volume dell’acqua, andando quindi più velocemente. I suoni provengono da ogni direzione, non è una semplice sensazione: arrivano da 360° e possiamo sentire anche quelli che provengono da molto lontano. 
Queste caratteristiche – e il fatto che la luce si propaghi nell’acqua ad una velocità inferiore rispetto all’aria – hanno avvantaggiato, in molto organismi marini, lo svilupparsi del senso dell’udito rispetto alla vista. Ed è proprio questo adattamento che adesso rappresenta un bersaglio per l’inquinamento acustico in mare.

Diversi tipi di rumore
Il “rumore” sottomarino non è di un unico tipo: ci sono suoni naturali, come quelli prodotti dal vento, dalle tempeste, dalle onde, da una turbolenza, da un sisma, il crepitio del ghiaccio di un iceberg: tutti suoni di origine fisica. Poi ci sono i suoni di origine biologica come quelli emessi dagli animali o dovuti ai loro movimenti, ma sono quelli provocati dalle attività umane (imbarcazioni, prospezioni per indagini geologiche, attività militari, ecc.) a mettere in pericolo il benessere degli abitanti del mare. I mammiferi marini (in particolare i cetacei odontoceti che utilizzano il biosonar) e molti pesci sono quelli maggiormente colpiti dall’inquinamento acustico perché utilizzano le onde sonore per orientarsi, trovare le prede, localizzare un partner, evitare i predatori e comunicare. Molti studi confermano che il rumore contribuisca al declino di popolazione di diverse specie di cetacei o alla loro mancanza di ripresa se in calo demografico (Weilgart, 2008). 

È il rumore causato dall’uomo a fare più danni: ecco perché
I rumori che derivano dall’attività umana sono quelli a bassa frequenza (da 10 a 500 Hz) come la navigazione commerciale e, secondariamente, l’esplorazione sismica. Questi suoni subiscono poca attenuazione e consentono quindi la propagazione a lungo raggio. Dal 1950 al 2000 il rumore in bassa frequenza è raddoppiato ogni 10 anni ("Inquinamento acustico subacqueo", s.d.). Il suono a media frequenza (da 500 Hz a 25 kHz) invece non si propaga su lunghe distanze e contribuisce al rumore ambientale locale e regionale. I suoni a media frequenza sono per esempio: onde che si infrangono, spruzzi, formazione e collasso di bolle e precipitazioni atmosferiche. Vari sonar (ad esempio militari e cartografici), così come piccole imbarcazioni, fanno parte invece del rumore causato dall’uomo alle frequenze medie. Alle alte frequenze (> 25 kHz), la sorgente del rumore per essere percepita deve essere vicina al ricevitore. Ricadono all’interno di queste frequenze: il rumore termico e il risultato del moto browniano delle molecole d'acqua vicino all'idrofono (Hildebrand, 2009).
L’aumento del rumore antropogenico provocato dall’azione dell’uomo dipende dall’aumento del numero di imbarcazioni e della stazza delle navi; anche l'esplorazione petrolifera, del gas e i siti di produzione di queste materie prime, il dragaggio, la costruzione e le attività militari, determinano un aumento impressionante della rumorosità in tutti gli oceani. Negli ultimi dieci anni, le ricerche hanno dimostrato che alcune forme di rumore oceanico possono uccidere, ferire e causare sordità a cetacei e altri mammiferi marini, così come ai pesci. In particolare, è stato possibile mettere in relazione una serie di spiaggiamenti e di decessi di mammiferi marini con l'esposizione ai sonar militari. Si è infine dimostrato che un rumore intenso produce la riduzione delle capacità riproduttive e una maggiore sensibilità alla malattia.

Le conseguenze sulla salute della fauna marina
L’impatto che questo tipo di inquinamento può avere sulla fauna dipende dai gruppi tassonomici, in quanto variano le loro capacità uditive. Sono stati osservati molti tipi di risposte biologiche, che vanno dai comportamenti individuali ai cambiamenti nelle comunità ecologiche. Gli autori di uno studio del 2016 (Graeme Shannon, 2016) hanno condotto una revisione sistematica e standardizzata della letteratura scientifica pubblicata dal 1990 al 2013 sugli effetti dell’inquinamento sonoro sulla fauna selvatica, sia su ambienti terrestri che acquatici. La ricerca si è concentrata prevalentemente su specie europee e nordamericane che si basano sulla comunicazione vocale, con particolare riguardo agli uccelli canori e ai mammiferi marini. La maggior parte degli studi ha documentato numerosi effetti: comportamento vocale alterato, riduzione dell’abbondanza degli habitat, cambiamenti nella vigilanza e nel comportamento di procacciamento del cibo e impatti sulla forma fisica individuale e sulla struttura delle comunità ecologiche. Suoni forti e improvvisi possono causare danni fisici; il rumore di fondo persistente, come quello della navigazione, invece può alterare una serie di sistemi e comportamenti, dalla comunicazione all’alimentazione.

È in atto un cambiamento?
Già nel 2008, la Comunità Europea, con la direttiva n° 56 del 17 giugno 2008 (Marine Strategy Framework Directive) rivista poi nel 2017, istituisce un quadro legislativo con lo scopo di proteggere più efficacemente l'ambiente marino in tutta Europa. 
È di recente approvazione (giugno 2020) una relazione sul primo ciclo di attuazione della direttiva che mostra come, nonostante il quadro dell'UE per la protezione dell'ambiente marino sia uno dei più completi e ambiziosi al mondo, debba essere comunque potenziato per riuscite ad affrontare la crescente pressione dell’attività umana. In particolare il report fa riferimento proprio alle “fonti sonore sottomarine”, insieme alla sovra pesca, pesca non sostenibile e alla dispersione dei rifiuti di plastica. E se la politica si muove indicando la strada, il mondo dell’industria risponde. Lo afferma Lindy Weilgart, biologa alla Dalhousie University canadese di Halifax, secondo cui “ci sono soluzioni note e modi efficaci per mitigare il rischio” (Jones, 2019). I cannoni ad aria compressa usati nelle rilevazioni sismiche potrebbero essere sostituiti con un vibratore subacqueo che crea un impatto sonoro più piccolo. Le navi, invece, possono essere rese più silenziose sollevando i motori dal fondo o usando eliche progettate per ridurre la creazione delle minuscole bolle che scoppiano rumorosamente.

Le soluzioni esistono: ora dobbiamo abbassare il volume.


Riferimenti
"Inquinamento acustico subacqueo". (s.d.). https://www.sanctuaire-pelagos.org/it/. Tratto il giorno agosto 20, 2020 da sanctuaire-pelagos: https://www.sanctuaire-pelagos.org/it/minacce-it/inquinamento-acustico-subacqueo
Graeme Shannon, M. F. (2016). A synthesis of two decades of research documenting the effects of noise on wildlife. Biol. Rev., 91, 982 – 1005. doi:10.1111/brv.12207
Hildebrand, J. A. (2009). Anthropogenic and natural sources of ambient noise in the ocean. Mar Ecol Prog Ser, 395, 5 - 20. doi:10.3354/meps08353
Jones, N. (2019, aprile 13). lescienze.it. Tratto il giorno agosto 24, 2020 da Le Scienze: https://www.lescienze.it/news/2019/04/13/news/rumore_oceano_animali_marini-4368269/
Weilgart, L. S. (2008). The Impact of Ocean Noise Pollution on Marine Biodiversity. Tratto il giorno Agosto 24, 2020 da https://awionline.org/sites/default/files/uploads/documents/Weilgart_Biodiversity_2008-1238105851-10133.pdf

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