Il nuovo Rapporto dell’IPCC mostra l’impatto provocato dall’aumento della temperatura globale di 1,5°C. E ci dice cosa fare per non superare questa soglia.
Novantuno ricercatori e scienziati del Panel Intergovernamentale sui Cambiamenti Climatici (IPCC) hanno condotto ricerche per tre anni prima di pubblicare il Rapporto Speciale “Il riscaldamento globale di 1,5°”. Una pubblicazione che affronta un tema urgente e non più rimandabile: la temperatura media globale è cresciuta di quasi 1°C rispetto all’era pre-industriale (1850-1900), ed entro il 2030 raggiungeremo la soglia di 1,5°C. Non solo: lo studio afferma che entro la fine del secolo dovremo contenere l'aumento della temperatura entro l'1,5°C e non più entro i 2°C come era emerso dagli studi precedenti.
Nel 2015, infatti, duecento Paesi avevano deciso di impegnarsi a non superare il limite di 2°C fissato come obiettivo ufficiale firmando l’Accordo di Parigi sul clima, ma il nuovo rapporto evidenzia come quel mezzo grado in più - una differenza apparentemente minima - provocherebbe conseguenze irrimediabili. Ecco cosa succederà se non facciamo nulla e lasciamo che l’aumento della temperatura globale raggiunga i 2°C: le barriere coralline sparirebbero del tutto. La perdita di biodiversità raddoppierebbe, mentre si dimezzerebbe la disponibilità di acqua nelle zone mediterranee. I mari si alzerebbero di 10 cm. Sembra poco? E invece 10 milioni di persone in più sarebbero esposte al rischio di alluvione. Ci sarebbero poi impatti negativi sulle coltivazioni di mais, grano e riso.
Sono solo alcuni esempi degli effetti devastanti che un “lieve” aumento della temperatura media globale potrebbe generare, con differenze tra regioni del mondo che dipendono dalla posizione geografica, dal livello di sviluppo e dalle politiche adottate per fronteggiare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici.
Per limitare i danni ambientali, sociali ed economici connessi a questi rischi, il rapporto identifica 4 settori prioritari in cui intervenire: energia, gestione del suolo, organizzazione delle città e struttura del settore industriale. Ma ci dice anche che l'impegno deve essere condiviso da tutti, anche sul fronte individuale. Con piccole azioni quotidiane che unite a quelle di tanti posso davvero generare un impatto positivo. Utilizzare, ad esempio, i mezzi pubblici anziché l’automobile, rispettare la raccolta differenziata, acquistare prodotti locali e frutta e verdura di stagione.
Perché in una realtà interconnessa come quella in cui viviamo gli effetti dei cambiamenti climatici riguardano tutti noi. Anche in quelle parti del mondo in cui l'impatto è meno tangibile, la responsabilità è comune. Ed è quindi dovere di ciascuno agire.
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