Venerdì 10 luglio un incontro online dedicato agli apicoltori della Provincia di Varese, per conoscere tecniche di apicoltura sostenibile
Innegabile è l’importanza ecosistemica dell’impollinazione, il trasferimento del polline prodotto da un fiore a un altro fiore della stessa specie, che ne consente la fecondazione e di conseguenza la produzione di frutti e semi. Quando pensiamo a un impollinatore ci viene subito in mente l’ape, che è sicuramente la specie più conosciuta, tuttavia vi sono impollinatori in numerosi gruppi di animali.
La provincia di Varese è una delle più vocate in Lombardia per l’apicoltura e la produzione di miele, la terza dopo Brescia e Bergamo: le imprese apistiche del Varesotto sfiorano il centinaio (per la precisione sono 94 secondo i dati di febbraio 2020) e hanno registrato una crescita del 7% nell’ultimo quinquennio. Ad esse vanno aggiunti i numerosi hobbisti, che fanno crescere esponenzialmente i numeri di quanti si occupano di api e miele (Camera di Commercio di Milano, in collaborazione con Coldiretti Lombardia).
Tuttavia l’apicoltura è uno dei comparti agricoli più penalizzati degli ultimi anni per cause ambientali; la produzione di miele nel 2017 si è ridotta di oltre il 13% rispetto al 2016 (9500 t su 11000 t), anno di già scarsa produzione, mentre nel 2019 l’Italia ha visto dimezzata la produzione di miele (dati ISTAT); per la provincia di Varese, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Nazionale Miele, la produzione di miele d’acacia è stata in media di 0-3 kg per alveare contro la produzione media attesa di 25 kg. Le cause di questa crisi sono molteplici: i cambiamenti climatici, la mancanza di fioriture che soddisfino le necessità alimentari delle colonie per tutto il periodo di attività, l’esposizione ai pesticidi, i parassiti, le patologie e le tecniche apistiche errate, che insieme concorrono a causare l’indebolimento o il collasso di un alveare.
La principale minaccia per la perdita di colonie per gli apicoltori, hobbisti e professionisti, è un acaro parassita esterno che attacca le api: Varroa destructor, che con molta probabilità, insieme alle altre avversità che causano la morte delle colonie di api, possiede un ruolo centrale nel fenomeno conosciuto come “Colony Collapse Disorder” (CCD), ovvero Sindrome dello Spopolamento degli Alveari, sia per la sua attività direttamente legata al parassitismo sia per le infestazioni secondarie che può trasmettere: batteri, protozoi, funghi e virus. Utilizzare dei trattamenti corretti e sostenibili, con lo scopo di controllare il grado di infestazione di Varroa, permette di avere una percentuale di perdite di api irrisoria.
È proprio di questo che parleremo venerdì 10 luglio: durante un incontro online di approfondimento gli apicoltori potranno conoscere una tecnica alternativa per il trattamento della Varroa. Sostituire i trattamenti farmacologici con tecniche sostenibili si può: l’utilizzo dell’acido ossalico - ammesso nell’apicoltura biologica - unito alla tecnica del blocco di covata, è una strategia a basso impatto ambientale ma che garantisce ottimi risultati.
L’appuntamento, online e aperto a tutti gli apicoltori interessati, è previsto alle 20.45 di venerdì 10 luglio. Per iscriversi inviare una mail all’indirizzo apicolturavaresina@tiscali.it
Questa iniziativa si inserisce nell’ambito del progetto Campo APErto promosso da Istituto Oikos, in collaborazione con Associazione Produttori Apistici della provincia di Varese, Parco Pineta di Appiano Gentile e Tradate, Cascina Burattana e finanziato da Fondazione Cariplo.
Foto: Gilles San Martin from Namur, Belgium / CC BY-SA
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