L’emergenza globale del marine litter minaccia gravemente gli oceani e mari. Nella Giornata Mondiale dedicata ai polmoni blu della Terra è fondamentale capire quale sia la reale dimensione del problema. E attivarsi, perché non è ancora troppo tardi.
Sembra incredibile che la carta di una caramella caduta di tasca durante una gita in montagna sia proprio la stessa che potremmo trovare qualche mese dopo nell’acqua del mare in cui stiamo nuotando. Eppure è proprio così: il vento, la pioggia e i fiumi trascinano i rifiuti fino a valle, poi fino al mare, e lì rimangono.
Una volta arrivata qui, la plastica segue le correnti e finisce per accumularsi in 5 grandi “isole di plastica”. La più conosciuta di queste è sicuramente il Great Pacific Garbage Patch: un enorme accumulo di spazzatura galleggiante nell’Oceano Pacifico. Sebbene l’estensione di questa grande chiazza non sia nota con precisione, si ipotizza che sia compresa tra 700.000 km2 a oltre 10 milioni di km2 (più della superficie degli Stati Uniti). L’isola ha cominciato a formarsi all’inizio degli anni Ottanta a causa dell’azione di una corrente oceanica che cattura i rifiuti galleggianti e li aggrega tra loro.
I rifiuti plastici hanno ormai raggiunto anche i luoghi più remoti e inospitali del Pianeta, come la Fossa delle Marianne (profonda 11.000 m).
Anche nel Mar Mediterraneo, precisamente tra l’Isola d’Elba e la Corsica, è apparsa un’isola di plastica, simile a quelle più “famose” presenti negli oceani. A differenza di queste, però, l’isola di plastica del Tirreno si forma e si disfa periodicamente per l’andamento stagionale delle correnti del nostro mare. Le microplastiche raggiungono concentrazioni da record: 1,25 milioni di frammenti per km2, quasi 4 volte quelle delle isole oceaniche.
Gli oceani e i mari ricoprono oltre i tre quarti del nostro pianeta e sono un patrimonio essenziale per la vita dell’uomo: ospitano numerose forme di vita, influiscono in maniera determinante sul clima, sono un’importante fonte di cibo, prosperità economica, benessere sociale e culturale. Ma tutto questo è in pericolo: ogni anno tra i 5 e i 13 milioni di tonnellate di plastica (dall’1,5 al 4% della produzione mondiale) finiscono nei mari di tutto il mondo, causando l’80% dell’inquinamento marino e provocando danni inestimabili agli animali e agli ecosistemi. Continuando così, entro il 2050 ci sarà, in peso, più plastica che pesce negli oceani. Senza contare che, con l’arrivo del coronavirus, in questi mesi guanti e mascherine usa e getta sono entrati a far parte della nostra quotidianità e la questione del loro smaltimento sarà da gestire in maniera efficace e tempestiva. Siamo davanti a una vera e propria emergenza globale.
In questo scenario ridurre il consumo di plastica monouso, aumentare la quota di riciclaggio dei rifiuti e promuovere una rapida transizione verso sistemi di economia circolare sono questioni più che mai urgenti.
Noi di Oikos abbiamo deciso di puntare sui giovani come alleati chiave per sollecitare governi e imprese nell’adozione di modelli di produzione e consumo sostenibile. Lo faremo attraverso la campagna di sensibilizzazione e mobilitazione online che partirà nelle prossime settimane sui nostri canali social. La campagna fa parte del nostro progetto Life Beyond Plastic, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, e comprende laboratori di educazione alla cittadinanza globale nelle scuole, percorsi formativi per gli insegnanti, installazioni e performance artistiche.
Non solo: il progetto chiama anche gli enti pubblici e le imprese private a rispondere al problema e ad avviare percorsi di riduzione della plastica all’interno delle proprie strutture e attività. Per proteggere i nostri mari e oceani.
Per saperne di più visita la pagina del progetto.
Sei interessato alle nostre attività?
Iscriviti alla nostra newsletter qui.