Gli oceani custodiscono oggi oltre l’80% delle specie viventi conosciute, ma i suoi fondali, quasi inesplorati, nascondono ancora molti segreti. La Giornata Mondiale dedicata a questo tesoro ci ricorda oggi quanto sia straordinario e fragile allo stesso tempo.
Oceano, elemento di unione
L’importanza degli oceani era nota già nell’antica Grecia, dove Oceano era personificato come un dio ancestrale e considerato origine della vita sul Pianeta. E dal 1992 esiste una giornata ad esso dedicata: dal Summit della Terra di Rio de Janeiro del 1992, l’8 giugno è la Giornata Mondiale dell’Oceano, che ricorre per sottolineare l’importanza dell’enorme velo blu che ricopre il Pianeta. L’Ocean Literacy, che mira allo sviluppo dell’educazione verso le tematiche marine, afferma che La Terra ha un grande Oceano con molte caratteristiche: non esistono più oceani, ma un’unica distesa blu che connette e accomuna tutti gli esseri viventi del Pianeta e, in quanto elemento di unione, tutti noi siamo chiamati a salvaguardarlo.
Un “Grande Nastro Trasportatore” che sostiene l’alimentazione marina, e non solo
L’Oceano è uno dei più importanti alleati nella regolazione del bilancio termico e quindi del clima della Terra, perché riesce ad assorbire e rilasciare importanti quantità di calore. Ciò avviene grazie alle correnti marine che, come grandi nastri trasportatori, si muovono dall’Equatore fino ai Poli, portando con sé il calore assorbito nella zona equatoriale e rilasciandolo man mano che cambia la latitudine.
Le correnti oceaniche, divise in superficiali – che muovono i primi strati d’ acqua (circa il 10%) – e profonde, dipendono da diversi fattori: il vento, le maree, i cambiamenti nella densità dell'acqua (cha a sua volta dipende da temperatura e salinità) e dalla rotazione terrestre. Le correnti superficiali e profonde si influenzano a vicenda in una perfetta danza che tiene in movimento e distribuisce il calore in tutto il Pianeta, regolandone il clima. Questa circolazione dà vita al cosiddetto Grande Nastro Trasportatore, la più lunga corrente marina esistente che attraversa la Terra in un lentissimo movimento che sposta l'acqua dal profondo dell'Oceano fino alla superficie, portando con sé sostanze nutrienti come il fitoplancton che sta alla base della rete trofica marina. Proprio il fitoplancton è fondamentale per l’enorme distesa blu, che grazie ad esso è in grado di assorbire circa il 25% dell’anidride carbonica.
La generosità dell’Oceano garantisce inoltre cibo a intere comunità, offrendo pesci, frutti di mare e piante che abitano le sue acque. Questi alimenti sono infatti indispensabili al sostentamento di oltre 3 miliardi di persone che attingono dall’Oceano importanti sostanze nutritive come sodio, calcio, iodio e magnesio.
Una distesa in pericolo: riduzione dell’ossigeno, acidificazione, sbiancamento dei coralli
Seppur da sempre considerato infinito e maestoso, l’Oceano comincia a subire le conseguenze della nostra incuria e disattenzione. L’anidride carbonica prodotta dalla combustione dei combustibili fossili viene assorbita dai serbatoi di carbonio – depositi naturali che riescono ad assorbire la CO2 dall’atmosfera – di cui l’Oceano e le foreste fanno parte. L’assorbimento di cui sono capaci, però, non è infinito. Come le foreste, anche l’Oceano assorbirà anidride carbonica fino a quando non sarà così caldo da modificare la circolazione oceanica e la sua composizione chimico-fisica. Riducendo la quantità di ossigeno disponibile nell’Oceano, alcune specie sono destinate a perire: nel 2020, nel mondo si contavano già 500 “zone morte” – aree caratterizzate da ridotte quantità di ossigeno. Inoltre, maggior assorbimento di CO2 significa anche alterazione del pH delle acque, che dalla Rivoluzione Industriale a oggi è diminuito da 8,2 a 8,1, rendendo l’Oceano più acido del 30%. L’acidificazione delle acque limita la disponibilità di carbonato di calcio, elemento fondamentale per la sopravvivenza di alcuni organismi quali, crostacei, molluschi e barriere coralline. Questi ultimi subiscono conseguenze devastanti anche a causa dell’innalzamento della temperatura dell’acqua: ciò provoca il tristemente noto fenomeno del bleaching per cui i coralli perdono i loro colori diventando bianchi. Lo sbiancamento è dovuto alla perdita delle zooxantelle – alghe fotosintetiche unicellulari che vivono in relazione di simbiosi con i polipi dei coralli stessi. I loro colori vivaci, infatti, provengono dai pigmenti fotosintetici delle zooxantelle. Queste, quando la colonia corallina è in buona salute, assorbono la CO2 presente nelle acque favorendo la precipitazione di carbonato di calcio, utilizzato dai polipi per la costruzione della struttura corallina, ma in situazioni di forte stress i coralli le perdono. E con esse, non solo i loro magnifici colori, ma anche la possibilità di sopravvivere. Si stima che, entro la fine del secolo, il bleaching potrebbe interessare il 99% delle barriere coralline esistenti.
Inquinamento da plastica, innalzamento del livello del mare: in pericolo siamo anche noi
Oltre ai danni sugli ecosistemi marini, un Oceano in pericolo è rischioso anche per l’umanità. Tra le principali minacce, l’inquinamento da plastica è uno dei più gravi. Ogni anno circa 11-13 milioni di tonnellate di plastica vengono riversate nelle acque dell’Oceano e nel 40% dei casi si tratta di prodotti monouso, utilizzati una singola volta e poi gettati. Senza un corretto smaltimento, la plastica rilasciata nelle acque si deteriora fino a diventare microscopica e di difficile riconoscimento da parte degli animali, che spesso la ingeriscono includendola nella catena alimentare di cui anche l’uomo fa parte. Anche l’innalzamento del livello del mare colpisce la popolazione umana. L’incremento del livello dell’Oceano, causato dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e della calotta polare dell’Antartide, aumenta notevolmente i rischi per le popolazioni che vivono nelle zone costiere – più di 680 milioni di persone - che saranno vittime di eventi naturali estremi.
Il futuro degli oceani è nelle nostre mani
Fortunatamente però l’Oceano, grazie alla sua resilienza, ha la capacità di «autoripararsi», tendendo a tornare allo stato precedente al danneggiamento. Per fare questo, però, ha bisogno di tempo e l’uomo, che per secoli ne ha minacciato gli equilibri, ha l’occasione di aiutarlo. Come? Attraverso soluzioni basate sui processi naturali, che sfruttano il potere della Natura per aiutare gli ecosistemi a reagire agli impatti dei cambiamenti climatici. Per poter usufruire di queste soluzioni, c’è bisogno della Natura: è quindi indispensabile ripristinare habitat ed ecosistemi che generano ricchezza per l’Oceano e per la vita che da esso dipende.
Aree Marine Protette: la soluzione parte (anche) da noi
L’ambizioso programma che mira a proteggere il 30% dell’Oceano entro il 2030, supportato da 70 Nazioni nel mondo, vorrebbe ridurre le condizioni di stress degli oceani, costituendo Aree Marine Protette per salvaguardare la biodiversità. Raggiungendo questo obiettivo, si tutelerebbero specie che sono preziose alleate contro le problematiche legate al cambiamento climatico. Un esempio è quello delle balene, che sono in grado di contribuire al sequestro dall’ambiente di oltre 33t di anidride carbonica nell’arco della loro vita. I loro escrementi infatti, ricchi di nutrienti, sono ideali per la crescita e il sostentamento del fitoplancton.
Le mangrovie in soccorso dell’Oceano
Un aiuto in favore dell’Oceano viene anche dalla Terra. Nei paesi tropicali, sulle spiagge o lungo i grandi fiumi, esistono delle vere e proprie foreste di mangrovie, grandi piante caratterizzate da importanti ramificazioni. Grazie alla loro presenza, le mangrovie fungono da «zone cuscinetto»: proteggono infatti le coste e riducono l’altezza delle onde fino al 66%, e sono fonte di cibo per le comunità che abitano i dintorni. Ma alcune aree natali delle mangrovie, come il Casamance – nel sud del Senegal – sono state oggetto di disboscamento, per creare spazio ad acquaculture, piantagioni e altre coltivazioni. Nel 2019, la FAO – Food and Agriculture Organization of the United Nations – ha lanciato il rapporto globale sulla biodiversità, affermando che dal 1980 è andato distrutto il 20% delle foreste di mangrovie presenti nel mondo e, di questo, il 38% del disboscamento è collegato alla crescita delle colture di gamberetti, tanto redditizia quanto distruttiva per l’ecosistema. Interrompere la deforestazione delle mangrovie significherebbe aumentare le dimensioni del polmone verde della Terra e tutelare le comunità locali, fornendo protezione dalle calamità naturali.
Azioni quotidiane per proteggere gli ecosistemi marini
Le azioni di ognuno possono realmente fare la differenza. Una buona pratica è ridurre il più possibile l’utilizzo della plastica monouso, dei cosmetici o dei prodotti da bagno contenenti sostanze nocive per l’ambiente marino. Un Oceano più sano significherebbe maggiore salute anche per i suoi abitanti e, di conseguenza, per coloro che si approvvigionano grazie a loro. Consumare pesce in modo sostenibile vuol dire non attingere da pescato che sfrutta gli stock ittici in esaurimento o sovrasfruttati, ma promuovere prodotti locali e stagionali secondo, ad esempio, i cicli riproduttivi dei pesci: gennaio è il mese in cui consumare il cefalo, giugno quello del totano, mentre ottobre quello delle cozze.
Abbiamo ancora un po’ di tempo per far tornare l’Oceano nel pieno delle sue forze: alcuni scienziati e studiosi affermano che il suo futuro sarà fortemente condizionato dalle scelte che verranno prese entro i prossimi 30 anni, che saranno fondamentali per la rigenerazione dell’immensa superficie blu dalla quale dipendiamo, e che dipende da noi.
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