L’acqua vicino


La storia di un vero e proprio cambiamento culturale

Dodici anni fa feci uno studio con due studentesse del Master in Gestione delle risorse idriche nella cooperazione internazionale (Milano Bicocca) per individuare i punti critici dell’approvvigionamento idrico nell’area del Parco Nazionale di Arusha, Tanzania.

 

La richiesta di acqua potabile era davvero urgente: le risorse c’erano, ma erano inquinate dal fluoro – contaminante che distrugge il calcio delle ossa, soprattutto nei bambini – e l’acqua potabile si trovava entro i confini del Parco, dove la popolazione non poteva accedere ed era quindi in perenne conflitto con l’ente. Oggi posso dire che una delle nostre conquiste più grandi sia stata riuscire a far dialogare le comunità con il Parco, che oggi paga per utilizzare l’acqua del nostro acquedotto, esattamente come tutti gli altri utenti.

 

Fin dal primo momento si è scelto di lavorare insieme alla comunità: noi offrivamo il supporto tecnico, ma per scavare un acquedotto nel Parco, e senza distruggere l’ecosistema, è stata fondamentale la collaborazione dei villaggi, che ogni mattina facevano trovare 50 persone pronte per raggiungere la zona dei lavori. E così in 5 anni siamo riusciti a portare acqua sicura in tutto il distretto di Ngarenanyuki – 11 villaggi e 12 scuole, 18 mila persone – costruendo acquedotti e dighe e supportando i villaggi in quello che è stato un vero e proprio cambiamento culturale: quando nel 2009 abbiamo aperto il rubinetto della scuola di Nyamakata, i bambini sono scappati terrorizzati. Non capivano come potesse sgorgare acqua dalla terra, non l’avevano mai vista prima. Poi, spiegato loro tutto il processo, piano piano si sono abituati.

 

Nel 2011 i Distretti di Leguruky e Kingori, informati dai lavori eseguiti nel vicino Distretto di Nagrenanyuki, ci chiesero di aiutarli a migliorare il loro acquedotto. E così è partito il secondo progetto, che ha coinvolto 24 villaggi (circa 40 mila persone, 38 scuole e 5 ospedali) tra loro in competizione per l’accesso all’acqua. Insieme abbiamo trovato accordi per gestire la risorsa attraverso un unico ente, poi diventata una vera e propria impresa sociale, Makilenga, organizzazione comunitaria per la gestione dell’acqua e l’igiene pubblica che riunisce tutti i 24 villaggi. Oggi è gestita autonomamente ed è riconosciuta come un modello in tutta la regione, soluzione consigliata nella legislazione sulla gestione delle risorse idriche.

 

Oggi avere acqua significa contare su condizioni igienico-sanitarie dignitose, ridurre l’incidenza delle malattie e quindi abbattere le spese mediche; poter avviare attività economiche (a Kimosonu è cominciata una produzione di ortaggi in serra che ha fatto crescere il villaggio anche dal punto di vista demografico), ma anche avere l’opportunità di migliorare la propria condizione sociale. Soprattutto quella delle donne che, in particolare nella società Maasai, hanno un ruolo molto marginale seppure siano loro le vere custodi delle case e responsabili di tutte le incombenze, tra cui prendere l’acqua. Nel 2006 le donne di Mkuru prendevano 20 litri di acqua al giorno a 6 km di distanza, mentre oggi hanno molta più acqua a meno di 250 metri e possono dedicare più tempo alla famiglia e alle attività economiche. Nel comitato di Makilenga il 30% è donna: sono diventate determinanti in alcune decisioni e sono più consapevoli delle loro possibilità.

 

Per il successo di questo programma è stata fondamentale la collaborazione con l’università, costante per 12 anni. Ha dato il proprio contributo scientifico – abbiamo portato in Tanzania il sistema bulk, che permette di distribuire acqua in maniera omogenea ed equa ma anche sociale, misurando il cambiamento dell’uso dell’acqua negli anni. I Maasai ne consumavano in media 3 litri a testa al giorno; dopo la costruzione di un pozzo e di un sistema di distribuzione, la disponibilità è di 80 litri al giorno. Ma dopo due anni il consumo è aumentato di appena 5 litri e oggi, trascorsi 10 anni, ne utilizzano 25 al massimo, quando nei paesi occidentali il consumo è di dieci volte tanto. Questi numeri ci hanno permesso di guardarci indietro, capire quanto è importante una educazione sociale sull’uso dell’acqua, e superare l’idea che certe condizioni siano immutabili nel tempo.

 

Giorgio Cancelliere,

Esperto di gestione delle risorse idriche e coordinatore del Programma Acqua in Tanzania

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