I cambiamenti climatici hanno causato e inasprito tensioni, scontri violenti e armati. E in futuro lo scenario potrebbe peggiorare
Siccità, povertà, lotta per le risorse e tensioni sociali da sempre sono all’origine di conflitti. Cosa succede a questi fenomeni se il clima cambia? Negli ultimi anni sempre più esperti hanno ipotizzato e dimostrato il collegamento tra i cambiamenti climatici e l’aumento degli scontri armati. Le stime parlano del 3-20% di conflitti influenzato dalla variabilità del clima nel corso dell’ultimo secolo. Secondo un recente studio pubblicato su Nature l’intensificazione dei cambiamenti climatici porterà all’aumento delle tensioni. Se la temperatura media del nostro pianeta aumenterà di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, come stabilito con l’Accordo di Parigi sul clima, il rischio di conflitti potrà aumentare fino al 13% rispetto all’andamento storico. La situazione si farà ancora più preoccupante se non riusciremo a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra: se la temperatura raggiungerà i +4°C, la probabilità che si verifichino sempre più conflitti o che le guerre siano più violente e distruttive aumenterà del 26%.
Secondo gli esperti il collegamento tra cambiamenti climatici e conflitti appare ormai innegabile, anche se le stime rimangono ancora incerte e altri fattori - come il basso sviluppo socio-economico - sono più influenti nell’insorgere di dispute.
Migrazioni e conflitti per il controllo dell’acqua
Se prendiamo in considerazione una causa più specifica come la mancanza di acqua, sono molti gli esempi di tensioni e conflitti scatenati dalla disponibilità, dal tipo di gestione e dalla volontà di controllo di questa risorsa.
La guerra in Siria, ad esempio, è stata preceduta da una siccità che, dal 2006 al 2010, ha costretto 1,5 milioni di persone a migrare dalle campagne verso le città a causa della moria di bestiame e della distruzione delle colture. Le scelte sbagliate nella gestione dell’acqua e del sistema agricolo, unite a fattori climatici, hanno portato a un’esplosione di conflitti etnici e per il controllo delle risorse idriche, sfociati poi in una delle più grandi crisi dei nostri tempi.
In Asia la costruzione della diga di Farakka nel 1951 lungo il corso del fiume Gange ha creato tensioni tra l’India e il Bangladesh dove, per mancanza di acqua durante la stagione secca, la pressione migratoria lungo il confine dei due stati ha scatenato numerosi conflitti. A volte anche troppa acqua può creare attriti e disordini internazionali. Sempre in Bangladesh più di 5 milioni di abitanti vivono in aree altamente vulnerabili per l’azione di cicloni e uragani, e più della metà della popolazione vive in zone costiere esposte all’innalzamento del livello del mare, alla salinizzazione e all’inquinamento delle falde acquifere. Per questi motivi migliaia di persone sono costrette ad abbandonare le loro terre e migrare verso la regione indiana dell’Assan, scontrandosi con le popolazioni autoctone per l’accesso alle risorse.
L’elenco di questi esempi potrebbe continuare toccando diversi paesi dal Sud Sudan all’Uzbekistan, dalla Nigeria alla Bolivia. I cambiamenti climatici, se inseriti in contesti già delicati dal punto di vista geopolitico, possono sfociare in conflitti, a volte anche armati.
L’impegno di Istituto Oikos
Per evitare che i cambiamenti climatici sfocino in conflitti occorre lavorare in sinergia con le comunità promuovendo un uso più responsabile delle risorse e arginando le conseguenze di fenomeni meteorologici estremi.
Istituto Oikos da anni si occupa di fronteggiare l’emergenza climatica nei Paesi del Sud del mondo.
Rafforziamo le capacità di resilienza delle comunità rurali e cerchiamo insieme soluzioni che integrino le tradizionali strategie di adattamento con nuovi strumenti e competenze. In Tanzania lavoriamo con i pastori Maasai, promuovendo pratiche sostenibili per limitare gli spostamenti alla ricerca di nuove terre fertili e acqua ed evitare conflitti con altri allevatori e i contadini stanziali. Informiamo e incoraggiamo i cittadini affinché si mobilitino a favore della tutela dell’ambiente e li incoraggiamo ad adottare stili di vita più responsabili.
A volte la prevenzione non basta e occorre intervenire in risposta a disastri ambientali. Nella primavera 2019 due cicloni senza precedenti per intensità di vento e pioggia hanno causato ingenti danni in Mozambico. Nella provincia di Cabo Delgado, nel nord del paese, Istituto Oikos si sta occupando di supportare la popolazione nella ricostruzione delle case e di garantire le migliori condizioni igienico-sanitarie per rafforzare la resilienza delle comunità locali ed evitare migrazioni non sostenibili.
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